Quale è l’aliquota iva da applicare ai catering dei business center e perchè?
L’attività principale del business center è il noleggio di spazi di lavoro temporanei: uffici, postazioni condivise in coworking, sale riunioni.
Il noleggio delle sale riunioni che con vari nomi vanno dalla sala corsi alle più ampie e capienti sale convegni e congressi hanno come servizio accessorio il noleggio di attrezzature tecnologiche: videoproiettori, lavagne interattive, notebook. Attività accessoria, che però in valore assoluto è spesso superiore al valore del noleggio della sala riunioni, è il servizio di catering che può qualificarsi come: coffee break, sandwich lunch, aperitivo e lunch.
Il termine di catering identifica la fornitura di cibo e bevande pronte da essere consumate, si va da un veloce caffè accompagnato con della biscotteria o della pasticceria, alla pausa pranzo con finger food fino a piatti più elaborati. Generalmente nei business center questa attività si svolge in sale ad hoc o sale riunioni libere di sedie e attrezzature tecnologiche, queste sale vengono “prestate” al servizio di catering e integrate con tavoli di appoggio, sedute, stand-up.
Il fornitore dei piatti pronti, dolci e salati, del beverage è generalmente una società specializzata, ma per eventi di dimensioni ridotte è lasciato spazio all’ingegno del gestore del centro uffici che può attraverso fornitori qualificati e a chilometro zero organizzare un servizio di catering.
Perchè oggi parliamo di servizio di catering e somministrazione di alimenti e bevande?
Vogliamo rispondere alla domanda: quale aliquota iva devo applicare al servizio di catering? L’aliquota ordinaria del 22% o l’aliquota ridotta del 10%?
Partiamo chiarendo cos’è l’iva, l’imposta sul valore aggiunto. L’iva è un’imposta indiretta, un tributo di prelievo coattivo fatto dallo Stato che grava sui consumi e sulla cessione di beni e servizi, voluta a livello comunitario e recepita nell’ordinamento italiano con il Dpr 633/1972. Sull’iva c’è l’obbligo di rivalsa, vuol dire l’obbligo da parte del fornitore di applicarla al suo cliente e di versarla successivamente allo Stato. Unico suggetto su cui grava l’Iva è il consumatore finale che acquista un bene o un servizio e non può detrarla.
Se pensiamo all’azienda che acquista un servizio di catering dal business center, paga il costo del servizio più l’iva che non rappresenta un costo, ma un credito verso lo Stato, in modo analogo il business center che vende il servizio incassa anche l’iva che non rappresenta un ricavo, ma bensì un debito verso lo Stato.
Se quindi per il soggetto acquirente il servizio di catering l’iva pagata non è un costo è certamente un esborso monetario. Se un servizio di catering al costo di € 20,00 a persona avesse l’iva al 22% l’esborso sarebbe di € 24,40 per persona, se invece l’aliquota iva da applicare fosse del 10% l’esborso per persona sarebbe di € 22,00 con una differenza di € 2,40
Ai fini della determinazione dell’aliquota Iva è indispensabile distinguere la somministrazione di alimenti e bevande dalla mera fornitura di alimenti e bevande.
Come specificato dal principio di diritto dell’Agenzia delle Entrate n. 9 del 22 febbraio 2019 che ha recepito una direttiva della Corta di Giustizia Europea, la distinzione si rende necessaria in quanto la somministrazione di alimenti e bevande, caratterizzata dalla commistione di prestazioni di dare e prestazioni di fare, rientra tra le prestazioni di servizi di cui all’art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972 ed è soggetta all’applicazione dell’aliquota IVA ridotta del 10%, come disposto dal n. 121) della Tabella A, Parte III allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, mentre le cessioni di alimenti e bevande sono considerate cessioni di beni ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. n. 633/1972 e ad esse si applica l’aliquota Iva corrispondente alla specifica tipologia di bene venduto.
In assenza di una definizione di “somministrazione di alimenti e bevande” occorre fare riferimento all’art. 6 del Regolamento di esecuzione n. 2011/282/UE, che al par. 1 prevede che “i servizi di ristorazione e di catering consistono nella fornitura di cibi o bevande preparati o non preparati o di entrambi, destinati al consumo umano, accompagnata da servizi di supporto sufficienti a permetterne il consumo immediato. La fornitura di cibi o bevande o di entrambi costituisce solo una componente dell’insieme in cui i servizi prevalgono. Nel caso della ristorazione tali servizi sono prestati nei locali del prestatore, mentre nel caso del catering i servizi sono prestati in locali diversi da quelli del prestatore”.
Il successivo par. 2 specifica, altresì, che “la fornitura di cibi o bevande preparati o non preparati o di entrambi, compreso o meno il trasporto ma senza altri servizi di supporto, non è considerato un servizio di ristorazione o di catering”.
Appare evidente che il legislatore comunitario ha voluto evidenziare che la fornitura di cibi o di bevande o di entrambi rappresenta solo una componente dei servizi di ristorazione e catering, i quali si connotano per la prevalenza dei servizi di supporto atti a permetterne il consumo immediato.
La Corte di Giustizia Europea già il 2 Maggio del 1996 evidenziava: se il consumo di alimenti e bevande avviene nel quadro di un servizio complessivo di ristorazione (composto da cottura, consegna materiale del cibo, predisposizione di infrastrutture per agevolare il consumo), prevale la prestazione di servizi sulla cessione di alimenti. In proposito, i giudici comunitari hanno affermato che “la fornitura di bevande e di pasti preparati pronti al consumo immediato è il risultato di una serie di servizi che va dalla cottura dei cibi alla loro consegna materiale su un sostegno, e che si accompagna alla predisposizione in favore del cliente di un’infrastruttura comprendente tanto una sala di ristoro con arredi, stoviglie, guardaroba.
Possono essere presenti persone fisiche, la cui attività professionale consiste nell’effettuare tali operazioni di ristorazione, che provvedono ad apparecchiare i tavoli, a consigliare il cliente, a fornirgli spiegazioni sulle vivande o sulle bevande proposte, a servire a tavola tali prodotti e, infine, a sparecchiare dopo il consumo. Emerge pertanto che l’operazione di ristorazione è caratterizzata da una serie di elementi e di atti, dei quali la cessione di cibi è soltanto una parte e nel cui ambito predominano ampiamente i servizi.
Più recentemente, il 20 Gennaio 2020 l’Agenzia delle Entrate con la risposta numero 35 ha confermato e ribadito quanto sopra: in assenza di servizi di supporto, la fornitura di alimenti e bevande manca delle necessarie caratteristiche per rientrare nella definizione di servizio di ristorazione e catering e, quindi, deve essere più propriamente ricondotta ad una cessione di beni.
Aliquota iva al 10% per i servizi di catering
Alle somministrazioni di alimenti e bevande si applica quindi correttamente l’aliquota Iva del 10%, mentre le cessioni degli stessi beni sono soggette a Iva con l’aliquota applicabile in dipendenza della singola tipologia di bene alimentare venduto.
Il differente trattamento impositivo è dovuto al fatto che, a differenza delle cessioni, la somministrazione di alimenti e bevande dà luogo ad una prestazione di servizi, caratterizzata dalla combinazione di prestazioni di dare e prestazioni di fare.
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